Morì a 38 anni dopo il parto cesareo, il marito: "Voglio risposte ai tanti quesiti ancora rimasti sospesi"

L'uomo chiede giustizia e chiarezza su quanto avvenuto: 6 medici delle Scotte sono a processo per omicidio colposo. "Un evento felice e meraviglioso quale quello della nascita di un figlio non si deve trasformare in una tragedia di incommensurabile dolore solo per negligenza o superficialità di alcuni medici"

Di Redazione | 17 Maggio 2021 alle 22:45

Morì a 38 anni dopo il parto cesareo, il marito: "Voglio risposte ai tanti quesiti ancora rimasti sospesi"

“Giustizia e chiarezza”. A invocarle è il marito della donna di 38enne che il 14 giugno 2019 perse la vita a seguito di un parto cesareo effettuato all’ospedale le Scotte, dopo aver dato alla luce una bimba. Una tragedia sfociata in un procedimento penale che vede oggi 6 medici del policlinico a giudizio per omicidio colposo. A fine mese è atteso l’incidente probatorio. L’uomo, a nome della cognata e assistito dal suo legale Duccio Panti e dal medico legale Gloria Maffei, interviene a distanza di tempo da quei tragici, ricordando innanzitutto la moglie “Anna era una persona, una donna ed una madre, che viveva in Italia da molti anni e aveva un effettivo legame con il nostro Paese. Ci eravamo conosciuti più di 15 anni fa, lei era venuta in Italia per studiare la lingua durante il corso di laurea. Nel frattempo aveva avviato un’agenzia di viaggio integrandosi perfettamente nella comunità cittadina” e ripercorrendo i passaggi della dolorosa e tragica vicenda clinica.

“All’epoca dei fatti aveva trentotto anni. Siamo nel gennaio 2019. Io e Anna aspettiamo un bambino, il secondo, e nel corso della gravidanza è stata diagnosticata una colestasi gravidica e successivamente la posizione bassa della placenta, oltre alla presenza di un vaso placentare molto vicino all’orifizio uterino interno. C’è la possibilità, nemmeno troppo remota, di dover praticare un parto cesareo. Siamo fiduciosi e ci affidiamo alle indicazioni dei ginecologi dell’Ospedale di Siena e della ASL che hanno in cura Anna. Nelle settimane successive con ulteriori indagini, in particolare due risonanze magnetiche condotte i giorni 21.11.2018 e 12.12.2018 (richieste dopo una visita privata, ma che i medici non esaminano) viene smentita la presenza di placenta previa, tuttavia la dottoressa che ha in cura Anna continua a mandarla all’Ospedale con la prescrizione di programmare un parto cesareo perché a suo avviso quella di Anna non può essere considerata una gravidanza fisiologica. Nonostante le indicazioni della ginecologa, in Ospedale non viene mai prescritta né eseguita un’ecografia transvaginale con color-doppler, che rimane l’unica indagine che può smentire con certezza che vi sia un problema di placenta previa”.

“Arriviamo così al giorno del parto. La mattina del 29 ci siamo recati all’ospedale in quanto Anna accusava i primi dolori forti ma giunti in ospedale la dottoressa di turno pratica lo scollamento dell’utero ad Anna dicendoci che la bimba sarebbe nata dopo qualche giorno, mia moglie non viene trattenuta in ospedale, nonostante le nostre richieste. Tornati a casa mia moglie continua ad accusare forti dolori alla schiena riuscendo a malapena a comminare. Verso le ore 18:00 i dolori sono troppo forti e ci prepariamo. Ci siamo avviati all’Ospedale di Siena intorno alle ore 20:00 del 29 gennaio 2019, dopo aver lasciato il nostro primo figlio di tre anni dalla nonna (come già successo la mattina). Anna è stata ricoverata intorno alle ore 22:00 (dopo nostre richieste insistenti) e nonostante le molte preoccupazioni è stata preparata per affrontare un parto naturale” continua.

“Anna lamentava dolori fortissimi alla schiena e diceva di non sentirsi bene, e che i dolori erano diversi da quelli avuti al momento del parto del nostro primo figlio. Mentre eravamo in stanza, improvvisamente, Anna ha urlato in maniera disumana, un urlo lacerante e profondo. Un lago di sangue ha inondato il pavimento e il tracciato cardiotocografico mostrava segni di sofferenza fetale. Anna, alle ore 23:40 è stata sottoposta ad un cesareo d’urgenza. La bambina, Amelia, alla nascita pesava kg 4,200 e sembrava stare bene, anche se è stata portata subito in terapia intensiva neonatale. Nonostante la grave emorragia e il cesareo, solo dopo 20 minuti dalla fine dell’intervento mia moglie è stata portata in reparto. Sono circa le ore 1:00 e c’è un gran via vai di medici e paramedici che si muovono concitati. Ancora non mi fanno vedere mia moglie. Vado a vedere la bambina per capire come sta, sembra tutto bene, anche se il medico della terapia neonatale mi dice che potrebbero esserci dei danni. Questo mi allarma” prosegue il marito.

“Ritorno da Anna. E’ trascorsa circa un’ora, e percepisco che le cose non vanno come dovrebbero, mi dicono che devono nuovamente trasferire Anna in sala operatoria per una trasfusione perché è in corso un’emorragia. Nel frattempo sono stati allertati i ginecologi, l’anestesista e il cardiologo, che nonostante l’urgenza, arriva con un evidente ritardo (alle ore 4:20). Anche la trasfusione fu chiesta in modo urgente e non “urgentissimo”(dicitura che avrebbe accorciato di molto i tempi), quindi in realtà, viene praticata solo dopo più di un’ora, alle ore 3:10, nonostante la situazione fosse drammatica. Passa il tempo, quasi sei lunghe, interminabili ore da quando mia moglie è stata portata in sala parto per il cesareo d’urgenza: mi avvertono che Anna ha avuto “una piccola angina, un principio di infarto”. Intorno alle sei della mattina Anna viene riportata in reparto, ma non sta affatto bene. E’ gonfia, cianotica, respira a fatica, i reni non funzionano. Durante tutto la giornata del 30 gennaio ad Anna viene solamente somministrato diuretico, ma secondo i medici la situazione è sotto controllo. Nella serata del 30 gennaio viene portata in rianimazione . Dopo pochi giorni, il 6 febbraio – ancora il racconto – mia moglie viene portata nel reparto di nefrologia per un trattamento dialitico, e subito mi viene detto che i reni sono persi, c’è bisogno di un trapianto. Dopo pochi giorni un grave problema respiratorio riporta Anna in rianimazione (mia moglie era arrivata a pesare quasi 70kg quando il suo peso normale si aggirava intorno ai 50kg). Nei mesi che seguono mia moglie, che ormai era una paziente in dialisi, subisce vari interventi e le numerosissime indagini che vengono eseguite in questo lungo e doloroso calvario, evidenziano fin da subito il determinarsi, a causa di grave emorragia post-partum, di un danno multiorgano irreversibile, che stante la giovane età e le buone condizioni di salute in cui si trovava mia moglie, l’ha lentamente condotta all’exitus, verificatosi a quasi cinque mesi di distanza dal parto, il 14 giugno 2019”.

Un dolore che viene ripercorso oggi, a pochi giorni dall’appuntamento in aula, spiega il marito con “la consapevolezza di dover vivere senza la madre dei miei figli, e di saper loro privati della gioia materna, mi ha portato qui, ad esporre la mia storia, per far si che si possa far luce su quanto realmente accaduto. Ho il dovere, verso mia moglie e i miei figli, che siano trovate risposte ai tanti quesiti ancora rimasti sospesi, per fare in modo che altri genitori non si trovino nella stessa situazione e perché ai nostri giorni, un evento felice e meraviglioso quale quello della nascita di un figlio, non si trasformi in una tragedia di incommensurabile dolore solo per negligenza o superficialità di alcuni medici”.



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