Sanità, Aurigi: "Infermieri pochi e stanchi, gli inserimenti hanno solo colmato le carenze"

Gli infermieri anche a Siena si trovano in sottonumero rispetto alle necessità dell'emergenza

Di Redazione | 12 Novembre 2020 alle 18:42

Sono stati salutati come “eroi” ai tempi del primo lockdown. Ma adesso, alle prese con la seconda, drammatica ondata di contagi da Covid-19 che sta portando al collasso gli ospedali, gli infermieri sono ancora alle prese con turni massacranti e situazioni insostenibili soprattutto dovuti ad una generale carenza di personale. “Gli infermieri sono sottoposti a un lavoro importante, una rimodulazione delle proprie attività e del modo di lavorare” spiega Michele Aurigi, presidente dell’Ordine Professioni Infermieristiche Siena.

E’ lo stesso Eugenio Giani ad affermare che servirà dare un taglio alla burocrazia, ed assumere in urgenza, ma quello che evidenzia Aurigi è che l’incremento di professionisti è servito a colmare quella carenza che gli ordini delle professioni infermieristiche della Toscana denunciano da tempo.

“Abbiamo visto un forte inserimento di personale dall’inizio dell’emergenza – spiega Aurigi – il vero problema è che esistevano carenze strutturali negli organici, quindi l’inserimento è andato soprattutto a colmare quelle carenze. Siamo di fronte a un’emergenza e le risorse appaiono ancora insufficienti. Tutto questo ci deve far pensare anche per il futuro a strategie diverse; bisogna ripensare un po’ tutto, e quando gli ordini pongono un problema di numeri dovrebbero essere quantomeno ascoltati”.

E intanto salgono i “numeri” dei professionisti che hanno pagato per il loro lavoro: In Italia sono 23mila operatori sanitari contagiati e 43 infermieri deceduti, mentre in Toscana sono stati contagiati 1200 infermieri: dati impressionanti che minano ancora di più la tenuta del sistema.

“Quella della seconda ondata è la battaglia più difficile perché abbiamo di fronte dei numeri importanti che parzialmente erano attesi ma che ovviamente ci hanno colto comunque in un momento in cui dobbiamo lavorare tanto – dice il presidente dell’OPI – Dobbiamo fare i conti con la possibilità che anche tra di noi ci possano essere positivi, non tanto per le attività sul posto di lavoro quanto perché come tutti siamo esposti all’esterno. Questo ci preoccupa, ci fa stare in ansia, ma cerchiamo di lavorare protetti e per quanto possibile sereni”.



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