Senza il blocco dei licenziamenti in Toscana a rischio fino a 90mila posti di lavoro: l’allarme di Ires e Cgil

Presentato il focus sull’economia dedicato alle province: un nuovo lockdown costerebbe alla nostra regione 2,4 punti di Pil

Di Redazione | 26 Ottobre 2020 alle 16:07

Senza il blocco dei licenziamenti in Toscana a rischio fino a 90mila posti di lavoro: l’allarme di Ires e Cgil

Senza il blocco dei licenziamenti, la Toscana rischia di perdere oltre 90mila posti di lavoro a fine anno, mentre un nuovo lockdown costerebbe alla regione 2,4 punti di Pil. Sono le stime di Ires e Cgil Toscana che lanciano un chiaro allarme.  “La nuova giunta della Regione convochi le parti sociali, bisogna ripartire puntando su lavoro, investimenti e un nuovo modello di sviluppo sostenibile” si chiede a gran voce.

Il Pil che a fine 2020 in Toscana dovrebbe attestarsi ad un valore inferiore di 15 punti percentuali rispetto al dato del 2008, anno di inizio della crisi finanziaria, con un possibile rimbalzo positivo nel 2021 superiore alla media italiana che alla media delle regioni del Centro Nord. In questo quadro, dalle simulazioni effettuate, emerge che l’area della Toscana centrale risulta essere quella maggiormente colpita con un -11,5% di Pil, seguita dalla Costa con un -11,1% e dalla Sud con un -10,9%. Una congiuntura pesante, quindi, sulla quale permangono le forti incognite legate alla riacutizzazione, nelle ultime settimane, della pandemia e della dinamica dei contagi.

E’ questo il quadro sull’economia toscana che emerge dal terzo focus Ires 2020, presentato stamani nella sede di Cgil Toscana a Firenze. Il focus contiene i dati regionali e anche i dati divisi per ogni singola provincia. Col Dpcm uscito ieri, è ancora più urgente dare risposte all’allarme sociale per tante fasce di lavoratori e cittadini e usare le prossime settimane per organizzare al meglio scuola, sanità e trasporti.

Ha spiegato il presidente di Ires Toscana Gianfranco Francese: “Il Covid ha agito sull’economia toscana come un terremoto in grado di approfondire a dismisura le faglie di criticità già esistenti con previsioni che, malgrado qualche timido accenno di resilienza dell’economia regionale, portano a ipotizzare una spirale recessiva violenta nel 2020 con saldi negativi del 14,4% nell’industria, del 12,1% in edilizia e del 9,3% nei servizi. E’ del tutto evidente che questa situazione avrà conseguenze molto negative sull’occupazione, finora limitate dall’intervento degli ammortizzatori sociali, sopratutto con l’inizio del 2021. Un andamento dell’occupazione già condizionato negativamente dalle altalenanti vicende dell’export degli ultimi anni che, pur in un quadro di tenuta delle esportazioni in alcuni particolari settori, ora rischia di accusare una pesante decrescita nell’ordine del -13%. Gli interventi di sostegno al reddito hanno finora evitato ed eviteranno, finché agìti, il crollo di liquidità delle famiglie ma, in questo contesto, non si rafforzerà nessuna dinamica dei consumi attesi da un calo intorno al 12%. Così come un andamento negativo avrà il trend degli investimenti, che rappresentava già da tempo un punto dolente strutturale dell’economia toscana e che ora affonderà fino ad un -11,5%”.

Ha aggiunto Claudio Guggiari (segreteria Cgil Toscana): “Pur nelle differenze territoriali che ci sono, la Toscana è accomunata dal fatto che si accentua una situazione non rosea che già si registrava in epoca pre Covid. Ciò si vede anche dalla sofferenza sugli investimenti sia pubblici che privati, dove già eravamo un po’ latenti e che invece potrebbero essere strumento di ripresa. Occorre rinforzare quei comparti produttivi che possono consegnarci elementi autoctoni di sviluppo, basati su conoscenze e competenze locali, a partire dalla manifattura, così come vanno potenziate le infrastrutture, sia materiali che digitali. In tutto questo, è fondamentale agganciarsi agli interventi della politica nazionale che è chiamata a fare scelte precise sulle priorità di intervento e sull’uso delle risorse europee. Intanto, proroga del blocco dei licenziamenti e proroga della Cassa integrazione sono fondamentali anche per la tenuta della Toscana, per questo rinnoviamo l’appello al Governo e senza risposte saremo pronti a mobilitarci. Chiediamo inoltre alla nuova giunta della Regione Toscana, insediatasi da pochi giorni, di convocare le parti sociali per dare gambe al Patto per lo sviluppo che abbiamo firmato l’anno scorso e per lavorare sui tanti dossier aperti. Non c’è tempo da perdere, la Toscana deve ripartire e deve farlo con un nuovo modello di sviluppo sostenibile, con investimenti e con il lavoro al centro”.

PIL

A fine 2020 il Pil italiano dovrebbe contrarsi del 10,7%, con una forchetta compresa tra il -10% ed il -12%. Il Centro Nord del paese sarà più colpito rispetto al Mezzogiorno. All’interno di questo quadro, la Toscana sarà una delle regioni italiane più colpite dagli effetti economici della pandemia, con una contrazione del Pil compresa tra -10,5% e -12,5% ed un dato medio di -11,2%. A fine 2020 la Toscana dovrebbe attestarsi ad un valore di Pil di 15 punti inferiore rispetto al 2008. Un nuovo lockdown nazionale costerebbe almeno altri 2 punti di Pil all’Italia e 2,4 punti alla Toscana.

EXPORT

La battuta d’arresto dell’export nel primo semestre 2020 è seria: -15% in media. Il settore metalmeccanico, adesso, copre quasi il 40% dell’export regionale, con una flessione del 6%. Tuttavia, un sottosettore continua ad aumentare vertiginosamente le esportazioni: quello dei metalli grezzi, in particolare preziosi (in questo caso l’export è cresciuto di oltre cinquecento milioni. Si tratta di un deflusso di oro, prevalentemente da Arezzo, che si dirige in Svizzera e che non rappresenta le produzioni del settore orafo, ma oro non lavorato che deflluisce dalla ricchezza delle famiglie, approfittando di una fase di crescente prezzo della materia aurea. Le esportazioni regionali, secondo le stime Prometeia, dovrebbero ridursi del 14% nel 2020 (dopo una crescita del +15% fra 2018 e 2019). La crescita dovrebbe riguardare solo le province di Arezzo (esportazione di metalli preziosi non lavorati, dunque a basso valore aggiunto) e di Siena (nel settore farmaceutico). La perdita maggiore dovrebbe riguardare la provincia di Pistoia (in cui all’esaurimento delle commesse Hitachi-Breda si somma di una difficoltà del sistema moda), con -47%, e Massa -Carrara (anche qui per l’esaurimento di alcune grosse commesse). Dovrebbero esservi minori contrazioni dell’export delle province di Lucca (-14%, che però era già diminuito fra il 2018 e il 2019), Firenze (-17%, che dovrebbe tornare ai livelli 2018) e Grosseto (-10%, su valori assoluti ridotti).

COVID E OCCUPAZIONE

Dal valore aggiunto si possono simulare le performance 2020 delle aree vaste della Toscana. La Toscana centrale sarà l’area più colpita con un -11,5% di dato medio di valore aggiunto. Tutte le aree tenderanno comunque ad un dato medio almeno vicino o pari al -11%. Nei 5 settori più a rischio (spettacolo, trasporti, ristorazione, manifattura, commercio), la previsione a fine 2020 per l’Italia è compresa tra le -630 mila e le -760mila unità, pari ad un -6/-7,3% degli occupati nei suddetti settori. Per la Toscana la previsione è in percentuale peggiore rispetto al dato nazionale, essendo ricompresa tra -6,3% e -7,8%, con un dato in unità che varia tra -48 mila e -60 mila. Sul totale degli occupati, stanti gli effetti del Decreto Rilancio senza la proroga del blocco dei licenziamenti, si prevede a fine 2020 una perdita di occupati per l’intera economia Toscana pari al 5,1% nel caso medio, ovvero una diminuzione in termini di unità compresa tra 83mila e 92 mila. Per l’Italia il dato è pari al -4,7%, con una forchetta in termini di unità che varia da meno 1 milione e meno 1,15 milioni di unità.

LOCKDOWN E DEPOSITI

Tra marzo e aprile, il dato sui depositi in Toscana segna un incremento di quasi 2 miliardi di euro. Si tratta di circa 526 euro pro-capite, un dato del 20% superiore agli incrementi fatti registrare nei bimestri di marzo/aprile 2018 e 2019. Firenze e Lucca, dove è maggiore l’incidenza di lavoratori dipendenti di settori meno esposti al lockdown e di pensionati, fanno registrare le performance più alte. L’effetto Covid sembra attenuarsi nel mese di giugno dove solo la provincia di Pistoia ha un aumento dell’1,7%, mentre ben 5 province registrano un calo.

DECRETO RILANCIO

Al 20 luglio, l’accesso al credito agevolato dal Fondo di garanzia per le Pmi normato dal Decreto Rilancio ha riguardato oltre 74mila operazioni per un importo complessivo superiore ai 4,6 miliardi. Si tratta di un incremento dello stock creditizio a favore delle imprese pari a circa il 10% per la Regione, con punte del 14,6% in provincia di Massa Carrara e del 13,5% in provincia di Pisa.

AVVIAMENTI

Nel periodo gennaio-marzo 2020 il saldo che si registra tra assunzioni e cessazioni corrisponde a circa -7mila unità, valore opposto a quello del corrispondente periodo dell’anno precedente (+25 mila); occorre evidenziare che la netta perdita di posti di lavoro riguarda prevalentemente il lavoro a tempo determinato (-10.075), seguito dal lavoro intermittente (-3.996) e dal lavoro somministrato (-2.210); per quest’ultimo l’anno scorso la variazione netta era stata di entità piuttosto rilevante (+2mila e 200 mila circa).

CASSA INTEGRAZIONE

I dati della Cassa integrazione nel periodo dell’epidemia Covid sono di proporzioni inconfrontabili con quelli precedenti. In Toscana, il totale delle ore autorizzate dall’Inps nei primi sette mesi del 2019 era di 12,5 milioni (8,5 milioni nei corrispondenti mesi del 2018); nel primo trimestre 2020 (prima del manifestarsi della pandemia) erano state autorizzate 3,3 milioni di ore. Nei quattro mesi successivi, le autorizzazioni sono state dimensionate rispettivamente su 46,6, 30,35, 13,23 e infine quasi 20 milioni di ore (luglio).

OCCUPAZIONE

Preoccupa il rilevante calo della domanda di lavoro stimato per il 2020 (circa -10%) che dovrebbe riprendersi nel 2021 (+4,4%) cui farebbe tuttavia da contraltare l’ingente aumento dei disoccupati (+32%), con il parallelo accrescimento del relativo indicatore (da una media del 6% a 8,8%), facendo svanire così una sorta di effetto ottico generato dal passaggio all’inattività (+10,4% gli inattivi 15-64 anni), andando così ad alimentare l’insieme delle persone in cerca di occupazione.



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