L'Università di Siena scopre una proteina che innesca l’attività tumorale nei macrofagi

Di Redazione | 6 Marzo 2018 alle 12:32

L'Università di Siena scopre una proteina che innesca l’attività tumorale nei macrofagi

Uno studio ha dimostrato come sia possibile interferire nell’azione pro-tumorale di queste cellule, bloccando la proteina ERK5

Decisivo passo avanti nella conoscenza dei meccanismi che regolano l’azione dei macrofagi nello sviluppo dei tumori, grazie a uno studio diretto dal professor Emanuele Giurisato del dipartimento di Medicina molecolare e dello sviluppo dell’Università di Siena, in collaborazione con l’Università di Manchester.
Il lavoro di ricerca, appena pubblicato sull’autorevole rivista PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, ha infatti scoperto il ruolo di una particolare proteina, la ERK-5, nella proliferazione delle cellule cancerose, riuscendo a evidenziare come la possibilità di bloccare quest’ultima apra a una nuova strategia nella cura. In pratica, è stato provato che eliminando la proteina ERK-5, è possibile ridurre il numero dei macrofagi TAM e bloccare la loro azione pro-tumorale.
“Siamo riusciti a dimostrare – ha spiegato Giurisato – come nei topi la crescita di carcinoma si sia ridotta in assenza della proteina ERK-5, mentre contemporaneamente si sia creata una situazione infiammatoria anti-tumorale. Questi risultati – ha proseguito lo studioso – accrescono la possibilità che andare a colpire i macrofagi pre-tumorali attraverso una terapia che sopprima la proteina ERK-5 costituisca una nuova strategia per future cure anti-cancro”.
Da alcuni anni la ricerca ha focalizzato l’attenzione sul possibile ruolo dei macrofagi nella progressione e nella malignità dei tumori, in particolare nell’ambito dell’immunoterapia, ma la possibilità di controllare l’attività dei macrofagi sembrava lontana. Lo studio appena pubblicato apre invece a nuove speranze, avendo scoperto e dimostrato meccanismi di riprogrammazione dei macrofagi.
Allo studio hanno contribuito i professori Cathy Tournier dell’Università di Manchester e William Vermi dell’Università di Brescia.
La ricerca ha avuto il supporto di Marie Curie Research Fellowship, Worldwide Cancer Research, Fondazione Beretta, Cancer Research UK, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro IG Grant 15378.



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